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Le origini del vino sono antichissime.

La pianta rampicante „vitis vinifera“ cresceva spontaneamente 300.000 anni fa, come dimostrano diversi ritrovamenti archeologici. Sono in molti a sostenere che la vite sia originaria dell‘India, e che da qui, nel 3000 a.C., si sia diffusa prima in Asia e in seguito nel bacino del Mediterraneo.

In occidente la cultura della vite e la pratica della vinificazione erano note in Armenia con l‘abbandono del nomadismo da parte di qualche di comunità e la conseguente nascita dell‘agricoltura.

Alcuni geroglifici egiziani risalenti al 2500 a.C. descrivono già vari tipi di vino. Nell‘antico Egitto la pratica della vinificazione era talmente consolidata che nel corredo funebre del re Tutankamon (1339 a.C.) furono incluse delle anfore contenenti vino con ripotata la zona di provenienza, l‘annata e il produttore.

Dall‘Egitto la pratica della vinificazione si diffuse tra gli Ebrei, gli Arabi e i Greci. Questi dedicarono al vino una divinità: Dionisio, Dio della convivialità.

Contemporaneamente, nel cuore del Mediterraneo, la vite iniziava dalla Sicilia il suo viaggio verso l‘Europa, diffondendosi prima presso i Sabini e poi presso gli Etruschi, i quali allargarono la produzione dell‘uva dalla Campania fino la Pianura Padana.

Presso i Romani la vinificazione assunse importanza solo dopo la conquista della Grecia sviluppandosi poi in tuttte le provincie dell‘impero.

Plinio il vecchio nella sua „NATURALIS HISTORIA“ individua 80 zone d‘elezione e 185 diversi tipi di vino.

Del vino i Romani conoscevano le proprietà battericide: Plutarco racconta che Cesare distribuì vino ai suoi soldati per debellare una malattia che stava decimando l‘esercito.

La nascita del Cristianesimo e il conseguente declino dell‘Impero Romano, segnò l‘inizio di un periodo buio per il vino accusato di portare ebbrezza e piacere effimero. A ciò si aggiunse la diffusione dell‘Islamismo nel Mediterraneo (800-1400 d.C.) con l‘abbandono della viticoltura in tutti i territori occupati. Per contro furono proprio i monaci cristiani, insieme alle comunità ebraiche, a continuare, quasi in maniera clandestina la pratica della vinificazione per produrre vini da usare nei riti religiosi.

La ripresa si fa risalire al Rinascimento: la viticoltura e l‘enologia si evolvono, mentre migliorano le tecniche di coltura e di vinificazione.

Nel XVII secolo si affinò l‘arte dei bottai, divennero meno costose le bottiglie e si diffusero i tappi di sughero; tutto ciò contribuì alla conservazione e al trasporto del vino favorendone il commercio.

Il XIX secolo vide il definitivo consolidarsi della posizione che il vino occupa nella civiltà occidentale. Alla tradizione contadina iniziò ad affiancarsi il contributo di studiosi che si adoperavano per la realizzazione di vini di sempre migliore qualità e bontà.

Il vino divenne oggeto di ricerca scientifica: nel 1866 L.Pasteur scoprì il ruolo dei lieviti nella vinificazione e nel suo scritto „ETUDES SUR LE VIN“ affermò che „il vino è la più salutare ed igienica di tuttele bevande“.

A 150 anni di distanza non è mai stato isolato un agente patogeno per l‘uomo che si origini dal vino.

 

 

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