Scambi e prestiti lessicali tra l'antico ed il moderno nelle principali lingue europee

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Tedesco e Triestino

 

 

Gi� nel Medioevo, quando Trieste era un grande villaggio, dove vivevano principalmente contadini, pescatori e alcuni commercianti, nella citt� si parlavano molte lingue: quasi un terzo degli abitanti parlavano lo Sloveno, un terzo il Friulano e il resto parlava il dialetto locale, il quale � affine al Veneziano.

Pi� tardi, quando Trieste nel XVIII secolo divent� un importante porto e molti commercianti, imprenditori e banchieri vennero nella citt�, si parlava come lingua franca l'italiano, ma venivano parlate anche altre lingue come il tedesco, il croato, il greco, l'ungherese e il turco.

Tutte queste lingue hanno influenzato il dialetto triestino, cosicch� molte parole straniere furono assorbite dal dialetto.

E' caratteristico di questa citt� che il dialetto viene parlato dalla maggior parte della popolazione, quasi come segno della particolarit� della citt�, che, situata al punto d'incrocio di diverse culture, vuole conservare la sua identit�. Anche sul posto di lavoro � ancora oggi usuale parlare il dialetto. E non dobbiamo meravigliarci, se un impiegato delle ferrovie o delle poste o un bancario parla in dialetto con il suo cliente. Anche nelle famiglie si parla per lo pi� dialetto.

Tra i molti vocaboli, che derivano da lingue straniere, ne abbiamo trovato alcuni d’origine tedesca. Qui di seguito citiamo alcuni esempi

 

Triestino

Tedesco

Bubez (garzone)

der Bube

Clanfer (lattoniere, idraulico)

der Klempner

Crafen (dolce tip.)

der Krapfen

Cucar (sbirciare)

gucken

Cucer (cocchiere)

der Kutscher

Cuguluf

der Kugelhupf

Sgnapa (grappa)

der Schnaps

Sina (rotaia)

die Schiene

Sinter (aguzzino, vessatore)

der Schinder

Sluc (sorso)

der Schluck

Rucar (spingere, scostare)

Rucken

Ruc (spostamento)

der Ruck

Smir (grasso, lubrificante)

die Schmiere

Snita (fetta di pane)

die Schmitte

Strica (segno, tratto)

der Strich

Stricar (segnare con un tratto)

Streichen

Strucolo (dolce tip.)

der Strudel

Traiber (guardiano)

der Treiber

Wiz (barzelletta, scherzo)

der Witz

 

Altre parole del dialetto triestino di derivazione tedesca:

 

Ciompo

Monco, maldestro. Forse dal tedesco stumpf.

Clonz (klonz)

Stivale da contadino, scarpaccia, stivale molto grosso. Dal tedesco Klots (zoccolo).

Mismas

Zozza, guazzabuglio, cocktail. Anche fig. di confusione, andirivieni. Dal tedesco Misch-masch.

Sp�rgher (spacher, sparghered, spagher, spraghert, sparcher, sparhert, sparghet)

Cucina a legna o a carbone. Dal tedesco Sparherd (focolare economico).

Tumbano

Stupido tonto, ignorante. Dall'antico tedesco dumm (sciocco).

 

Durante la prima guerra mondiale:

Un esempio rilevante di un triestino, sciolto e disinvolto in genere proclive all’accoglimento di innovazioni lessicali, sono le poesie del Leghissa, incentrate per buona parte sulla descrizione della vita militare nelle caserme e sul fronte austriaco. I termini, anche gergali, della terminologia militare, sono per lo pi� TEDESCHISMI, alcuni dei quali rimarranno vivi fino ai nostri giorni.

Esempi:

Triestino

Tedesco

Befel (ordine, comando)

der Befehl (comando)

Dal 1945 ad oggi:

Ad un certo momento della storia, il triestino sostituisce il suono s con sc; l’impiego della sibilante sorda s non si pu� dire con certezza se sia un italianismo ma ci� non toglie che la somiglianza con il tedesco sia molto notevole.

Tedesco

Triestino

die Schiene (rotaia)

Scina e poi sina

Coloriti esempi di parole di derivazione tedesca all’interno del triestino (vedi citaz. 1 e 2), o di citazioni dal tedesco (vedi citaz. 3,4,5,6,7) che evidenziano la familiarit� del triestino con questa lingua compaiono nelle "Maldobrie", racconti dialogati di Carpinteri e Faraguna.

  1. "Zerch�, zerch� anca vu, Fatuta mio –(…)-sto smirn de oio che i ne g� mand� stavolta de Lussin e che fina ne ruvina el nostro bon pan bianco de America!" (Viva l’A pag. 87)
  2. "-Gav� mai zercado vu el c�guluf che fazeva Barba Nane?
  3. -Mia povera nona fazeva sempre c�guluf.

    -Indiferente, C�guluf come quel de Barba Nane no go mai magn�. […]su lista iera sempre notado "Kugelhupf Martha Washington", che anzi qualche passeger diseva:"Cossa ga fato Marta Washington sto c�guluf?" Un rider!" (Le Maldobrie pag. 22)

  4. "e proprio in quela el vedi vignir dentro del fondo del vagon el controlor de terza classe.
  5. -Bilieto, signor bilieto, meine Herren (…). Ma come –el ghe disi- Monfalcone? Wie so Monfalcone? Che Monfalcone xe in casa del diavolo, ancora in Austria, noch in �sterreich, vizin Trieste, neben Triest" (Viva l’A pag. 277)

  6. "…e ve vedo una casseta de fero rinforzada e coi lucheti, con su scrito Kapa, Kapa, Kapa…
  7. -Kl�klus Klan?

    -Ma cossa Kl�klus Klan! Chi se insognava quele volte de ‘ste robe? Kapa, Kapa, Kapa…Ka und Ka ka, come che i ne imparava una volta anca a scola e de militari, ve iera Kaiser und K�nig Krixmarine…Imperialregia Marina di Guera Austiaca, natural." (Viva l’A pag. 249)

  8.  
  9. "-Tedesco, si. Ma no austriaco. Germanico.
  10. Che per� i parla tedesco. E come che el se senta! ‘sto Unteroffizier, ‘sto sotuficial, -soto i gnochi un sotouficial iera una roba incredibile-, el ghe fa come un inchino e el ghe disi:"Mahlzeit"

    -Malzait.

    -Si, malzait. Che vol dir per tedesco "Bon apetito" " (Le Maldobrie pag. 42)

  11. "Pens� che Francesco Ferdinando gaveva d� proprio ordine, bef�l, che ogni regimento doveva gaver quatro lipizzani per ogni evenienza..." (Le Maldobrie pag. 207)
  12. "Scaricarlo in qualunque luogo –ga zigado el General- in j�dem Platz". "Va ben –ga dito Polidrugo- in j�dem Platz" (Noi delle vecchie Province pag. 79)

Gustosissime le osservazioni del protagonista sull’apprendimento delle lingue straniere:

  1. –Bel spagnol! Ma chi no sa spagnol? Cossa ocori studiar spagnol? Spagnol se se rangia. Segnor, segnorita…v�mos, vegn�mos, adelante. Unica roba che bisogna ricordarse xe che per spagnol aceite vol dir oio e burro vol dir muss. Per el resto cossa vol� che sia? Inglese si, inglese servi. Adesso senza l’inglese no se pol moverse" (Le Maldobrie pag. 126)
  2. "Cossa no i impara pi� tedesco a scola, me dis�? Pensarse siora Nina, che una volta el tedesco iera el passpert�, el vademecum. Chi iera un omo se no el saveva tedesco?" (Le Maldobrie pag. 41)

Il dialetto per sua natura � una forma d'espressione verbale flessibile e infinitamente mutevole. Leggerlo stampato non � immediato: richiede la fatica di tradurre dapprima in suono le parole scritte, e poi quella di riascoltarsele cavandone un significato; per chi non ci avesse mai pensato, quando si legge normalmente invece le parole passano dritte dagli occhi all'intelletto (o dalla corteccia visiva all'area di Wernicke) saltando la fase vocale.

Fortunatamente esistono dei precedenti illustri molto noti - ad esempio Carpinteri & Faraguna - che hanno avuto il coraggio di scrivere in dialetto anche nel periodo buio in cui "iera poco fin". Dai loro lavori - i numeri della Cittadella, Le Maldobr�e, Serbidi�la, giusto per citarne alcuni fra i pi� diffusi - possiamo trarre, oltre che il piacere di leggerli, anche una serie di regole orientative sul come tradurre in parola scritta quello che gi� siamo perfettamente in grado di dire a voce senza alcuno sforzo cosciente (vedi gli esempi citati sopra).

Interessante l’impasto di tedesco, triestino e italiano, linguaggio mitico e segno che il poeta Fery F�lker inventa per esprimere il legame che lo stringe alla sua terra e alle sue radici.

Fery F�lker, Immer noch Triest, Trieste ancora (1978)

Adieu mein Oberst

Verfluchter Jude

Mein h�bscher Wiener

Mein lieber Papa.

Te go zig�, attento

Vien qua oltre el muretto

In questa radura sora la dolina,

il ghetto l’hai lasciato in Bucovina

a zia Steif a nonna Regina.

Vien qua sul Carso

Fra rovi e pini

E case de pietra grezze

E tramonti azzurri de malinconia,

Ti no te pol, ti mio splendido viennese,

capir questo Carso duro forse scortese.

Xe ciaro cossa te porti dentro de ti,

un paese, un mondo una storia

senza fine e me par de somigliarte.

Inveze mi go davanti ai oci

Questa mia citt� affondada

In nave da battaglia rovesciada

Su una secca nel Vallon de Muggia

Senza lagrime gett� la sigaretta –l’ultima, diseva Ettore Schmitz-

Impassibile gett� il fumo

Mentre una stretta al cor me d� vertigine.

E per finire citiamo alcuni versi da un’altra poesia un po’ malinconica dello stesso autore, che sembrano quasi come un epitaffio.

"…Jawohl, mein Kapit�n, alles verloren?

Alles, ganz alles? Forse rimane

forse a noi ne resta

il lessico triestino

la sua dolcezza-asprezza

E dopo, se anche questo bastione cade?

Ma ci�, pap� mio vecio ebreo, ne resta mon�de"

 

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