Scambi e prestiti lessicali tra l'antico ed il moderno nelle principali lingue europee
Italiano
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DOVE STA ANDANDO LA LINGUA ITALIANA Introduzione: La lingua, definita come forma di comunicazione verbale e scritta propria di una comunit�, di un popolo, di una nazione, � un organismo in perpetua evoluzione: essa muta continuamente secondo i modi di vivere, pensare, sentire propri degli uomini; non � statica, n� fissa ma vive con la stessa umanit� che la usa. Fondamentale per la vita di una lingua sono gli scambi lessicali con altre lingue in un continuo rapporto di dare e avere: le influenze linguistiche reciproche permettono alla lingua di rinnovarsi, di evolvere le sue capacit� vitali, di vivere in relazione con il mutare dei tempi, delle condizioni di vita, degli usi e dei costumi. Conoscere levoluzione di una lingua significa conoscere levoluzione di una societ�, di una cultura; in particolare, lindagine consapevole e interessata volta alla conoscenza di una lingua, cio� "fare Storia della Lingua", ci permette di considerarla come manifestazione e testimonianza del pensiero di una civilt�. Lobbiettivo nella prima parte di questo percorso di lavoro � poter capire da dove viene e dove sta andando la lingua italiana. Dare una risposta a queste domande significa ricostruire la storia di questa lingua e dalle sue origini ai giorni nostri vedremo come si � formata, come si sia costituita nelle forme attuali e quali sono oggi i problemi che le si presentano cercando di individuare delle possibili prospettive attraverso le fasi fondamentali della sua evoluzione. Infatti, seppur fino al 1950 manca di un testo sulla storia della lingua che non sia una riflessione in chiave stilistica delle sue vicende letterarie, oggi � possibile riconoscere 3 fasi evolutive che, rispetto alle precedenti indagini risolte in termini letterari, tengono conto delle componenti essenziali per la definizione della lingua italiana: il popolo e la sua storia. FASI DELLEVOLUZIONE DELLA LINGUA ITALIANA:
LATINIZZAZIONE Litaliano attuale deriva dal latino o, meglio, � il frutto della costante evoluzione del latino parlato attraverso i secoli, cio� dei lunghi ed incessanti mutamenti cui il latino � andato incontro sulla bocca dei parlanti, in concomitanza con il mutare della vita economica, sociale, e politica e per effetto di una vasta serie di fenomeni linguistici e non solo linguistici. Il latino era, originariamente, la lingua dei Latini, un piccolo popolo che intorno al 1300 a.C. si era stabilito nellItalia centrale , nella pianura a sud del Tevere. Pastori, agricoltori e guerrieri, i Latini facevano parte di un vasto ceppo di popoli, i cosiddetti Indoeuropei. Questi popoli erano originariamente stanziati nelle pianure dellEuropa centro-orientale, tra il Danubio e il Volga, ma a partire dal III millennio a.C. alcuni si staccarono dal nucleo originario e si sparsero in varie direzioni, alla ricerca di nuovi insediamenti. Un gruppo di essi, costituito da Ittiti e Greci, si spost� verso sud e occup� lAsia Minore e la Grecia. Un altro si diresse verso Oriente e port� linsediamento in India e in Persia degli Indiani e dei Persiani. Infine, intorno al 1300-1400 a.C. , un terzo gruppo si mosse verso lEuropa Occidentale: alcuni popoli come i Germani, puntarono decisamente verso Nord, spingendosi anche in Scandinavia e verso larcipelago britannico; altri, i Celti, sfiorarono le Alpi, al di qua delle quali lasciarono varie trib�, e poi proseguirono verso le coste dellAtlantico e il Nord dellEuropa; altri, infine, come i Veneti, gli Osco-Umbri, i Latini, gli I�pigi e i Messapi si stanziarono nella penisola italiana. Queste migrazioni di popoli, naturalmente, comportarono guerre e conflitti vari e, per quello che ci interessa, scontri e sovrapposizioni di culture e, come � inevitabile, cambiamenti linguistici. Forti dellappartenenza ad uno stesso ceppo, e della loro maggiore organizzazione, i popoli indoeuropei ebbero la meglio, un po dappertutto, sui pi� numerosi ma pi� frazionati e deboli popoli con cui vennero a contatto. Ci�, a livello culturale e linguistico, si tradusse in una vittoria dellelemento indoeuropeo su quello locale, anche se questultimo lungi dallandare perduto, fin� con il mescolarsi e fondersi con quello dei vincitori. I Latini, che nellVIII secolo a.C. fondarono sui colli presso la riva del Tevere la citt� di Roma, vennero ben presto in conflitto con le popolazioni confinanti e, poi, con quelle del resto della penisola. In rapide guerre, tra il V e il III secolo a.C., sottomisero militarmente e politicamente tutte le popolazioni al di qua delle Alpi, ma, dal punto di vista culturale, subirono non poco linfluenza dei popoli assoggettati, che vantavano conoscenze tecniche, tradizioni e usanze molto pi� elaborate e ricche. Sul piano linguistico, poi, i Latini imposero s� la propria lingua nei territori conquistati, ma nel contempo, sia perch� in questi casi succede sempre cos� e sia perch� i Latini erano quanto mai tolleranti e rispettosi delle tradizioni locali, assorbirono molti elementi linguistici da quelle dei vari popoli, in un rapporto di interscambio estremamente vivace e produttivo. Ad esempio, loriginario patrimonio lessicale indoeuropeo del latino si arricch� di numerose parole provenienti dalle lingue dei popoli mediterranei, cio� i popoli che i Latini trovarono gi� insediati nella penisola, come gli Etruschi, i Piceni, i Reti, i Liguri, i Sicani ; da quelle delle popolazioni puniche che si erano stabilite sulle coste occidentali della Sicilia e su quelle meridionali della Sardegna e delle stesse popolazioni di origine indoeuropea che si erano stanziate in Italia. Dal greco poi, cio� dalla lingua dei Greci che avevano gi� colonizzato Campania, Sicilia, Calabria e Puglia, non solo assorbirono parole del lessico e strutture morfologiche, ma derivarono anche lalfabeto, quando intorno al V secolo a.C., con il maturare della loro civilt� e il moltiplicarsi delle istituzioni, sentirono la necessit� di trasferire la lingua in un sistema di segni scritti. Mentre le legioni romane assoggettavano le varie regioni della penisola italiana e la lingua latina si sovrapponeva a quelle parlate nelle singole regioni, si formava una lingua nuova che nella sostanza era sempre il latino, ma un latino che, regione per regione, assorbiva e assimilava molti elementi delle lingue preesistenti (le cosiddette lingue di substrato) e dava luogo a livello di lingua parlata ad altrettanti latini regionali. Tra il V e il I secolo a.C., Roma conquist� lEuropa mediterranea, la Gallia, le regioni del Nord Africa ,ecc. divenendo quindi la capitale di un vasto impero, uno dei pi� grandi e duraturi dellantichit�. Nelle varie regioni europee occupate successe quello che era avvenuto in Italia: la lingua latina, cio� la lingua ufficiale dei vincitori e, quindi la lingua dei pubblici funzionari, delle cerimonie civili, della scuola e della letteratura, si sovrappose a quelle gi� esistenti e nei territori dove la dominazione romana dur� pi� a lungo, le sostitu� non senza assorbirne, a livello di lingua parlata, molteplici elementi che la diversificavano regione per regione. La profonda latinizzazione che interess� in modi e tempi diversi i vasti territori dellEuropa Occidentale, dallAtlantico al Reno e al Danubio, lInghilterra e la fascia Nord-ovest dellAfrica Mediterranea, coinvolse marginalmente la parte orientale dellimpero, la Grecia e le regioni che erano state profondamente ellenizzate tra il II e il I secolo a.C., come lAsia Minore e lEgitto e le regioni meridionali e insulari dellItalia dove la diffusione del greco prevalse.., Roma conquist� lEuropa mediterranea, la Gallia, le regioni del Nord Africa ,ecc. divenendo quindi la capitale di un vasto impero, uno dei pi� grandi e duraturi dellantichit�. Nelle varie regioni europee occupate successe quello che era avvenuto in Italia: la lingua latina, cio� la lingua ufficiale dei vincitori e, quindi la lingua dei pubblici funzionari, delle cerimonie civili, della scuola e della letteratura, si sovrappose a quelle gi� esistenti e nei territori dove la dominazione romana dur� pi� a lungo, le sostitu� non senza assorbirne, a livello di lingua parlata, molteplici elementi che la diversificavano regione per regione. La profonda latinizzazione che interess� in modi e tempi diversi i vasti territori dellEuropa Occidentale, dallAtlantico al Reno e al Danubio, lInghilterra e la fascia Nord-ovest dellAfrica Mediterranea, coinvolse marginalmente la parte orientale dellimpero, la Grecia e le regioni che erano state profondamente ellenizzate tra il II e il I secolo a.C., come lAsia Minore e lEgitto e le regioni meridionali e insulari dellItalia dove la diffusione del greco prevalse. AFFERMAZIONE DEI VOLGARI Fino a quando lautorit� imperiale di Roma fu salda, il latino rimase lingua ufficiale di tutto limpero. Ma quando, per leffetto della grave crisi che lo colp�, limpero romano tra il III e il V secolo d.C. cominci� a vacillare e a disgregarsi, la lingua latina perse la sua centralit� e la sua forza unificante. Cos�, mentre il latino scritto sarebbe rimasto ancora per molti secoli una realt� abbastanza compatta ed omogenea, il latino parlato and� incontro ad un destino completamente diverso. Il latino scritto e il latino parlato, pur nelle loro differenze morfologiche, fonologiche, sintattiche e lessicali, costituivano due livelli diversi della stessa lingua: sostanzialmente statica la prima e invece estremamente dinamica la seconda. Il latino scritto aveva una struttura ben definita, governata da regole precise, accettate e rispettate da tutti e, anche, facilmente riproducibili: lingua della letteratura e della cultura, veniva insegnato e, quindi, conservato nelle scuole, che lo insegnarono anche dopo la sua scomparsa come lingua viva, riproponendone nei secoli le strutture. Il latino, invece. Era qualcosa di estremamente mobile e malleabile, pronto a subire ogni forma di cambiamento adattandosi ai bisogni dei parlanti e alla loro incapacit�, per incompetenza o ignoranza, di "gestire" adeguatamente le "regole" della lingua. Il latino parlato, perci�, era di per s� sempre stato diverso dal latino della tradizione letteraria il cosiddetto latino classico, costruito dagli auctores del I secolo a.C e del I secolo d.C . Nella realt� della vita quotidiana, la gente del popolo e, con sfumature diverse a seconda della provenienza, della classe sociale e della cultura, anche la stessa classe dirigente, usavano da sempre un latino pi� semplice, tanto trascurato nella forma e nelle strutture sintattiche, quanto espressivo e chiaro, ricco di parole provenienti dalle parlate locali cui il latino si era sovrapposto o importate attraverso gli scambi commerciali, militari e personali. Questo latino, che si chiama latino volgare, dove volgare sta per "popolare, comune" (dal latino vulgus, popolo) ci � poco noto, ma possiamo farci unidea di come fosse attraverso le epigrafi funerarie dettate da committenti che non conoscevano bene la lingua classica e incise da scalpellini poco esperti, attraverso scritte che sono state trovate sui muri delle case, ad esempio a Pompei, e anche attraverso i testi di qualche scrittore latino, come Plauto e Petronio, che hanno inserito nelle loro opere espressioni e parole della lingua parlata. Questo latino prese ad evolversi in modo autonomo nei vari territori dellimpero che ormai cominciavano a vivere esperienze storiche diverse. Le lingue originarie di substrato tornarono a galla sempre pi� prepotentemente, accentuando le differenze fonologiche, morfologiche e lessicali gi� esistenti allinterno del latino parlato e nuove lingue, quelle dei nuovi dominatori, portarono nuove parole, nuovi fonemi e talora nuove strutture linguistiche. Cos�, anche per effetto della naturale tendenza di una lingua di mutare insieme ai mutamenti della comunit� che la parla, in alcuni territori, come in Africa e in Europa centrale, in Inghilterra e nei Balcani, con la dominazione di Germani, Slavi, Arabi e Turchi (durante tutto il Medioevo) il latino parlato e scritto scomparve del tutto. Invece in altri, dove la colonizzazione romana era stata pi� lunga e intensa, sub� rapide trasformazioni che lo portarono ad evolversi in modi diversi da territorio a territorio. In breve, da quella lingua di per s� gi� varia che era il latino parlato nacquero, dunque, tante lingue particolari che ormai avrebbero avuto una loro vita: nacquero quelle che chiamiamo lingue neolatine o romanze. Esse sono tutte in qualche modo uguali tra loro perch� tutte derivate dal latino, ma diverse luna dallaltra, perch� frutto di diverse evoluzioni linguistiche e, anche, di diverse situazioni storiche, politiche, sociali ed economiche. nei vari territori dellimpero che ormai cominciavano a vivere esperienze storiche diverse. Le lingue originarie di substrato tornarono a galla sempre pi� prepotentemente, accentuando le differenze fonologiche, morfologiche e lessicali gi� esistenti allinterno del latino parlato e nuove lingue, quelle dei nuovi dominatori, portarono nuove parole, nuovi fonemi e talora nuove strutture linguistiche. Cos�, anche per effetto della naturale tendenza di una lingua di mutare insieme ai mutamenti della comunit� che la parla, in alcuni territori, come in Africa e in Europa centrale, in Inghilterra e nei Balcani, con la dominazione di Germani, Slavi, Arabi e Turchi (durante tutto il Medioevo) il latino parlato e scritto scomparve del tutto. Invece in altri, dove la colonizzazione romana era stata pi� lunga e intensa, sub� rapide trasformazioni che lo portarono ad evolversi in modi diversi da territorio a territorio. In breve, da quella lingua di per s� gi� varia che era il latino parlato nacquero, dunque, tante lingue particolari che ormai avrebbero avuto una loro vita: nacquero quelle che chiamiamo lingue neolatine o romanze. Esse sono tutte in qualche modo uguali tra loro perch� tutte derivate dal latino, ma diverse luna dallaltra, perch� frutto di diverse evoluzioni linguistiche e, anche, di diverse situazioni storiche, politiche, sociali ed economiche. Questo processo di evoluzione e di differenziazione del latino parlato era in atto da sempre e gli eventi che colpirono limpero romano tra il 200 e il 500 d.C. la crisi economica, la crisi sociale, le invasioni barbariche, lavvento del Cristianesimo, la disgregazione politica si limitarono ad accelerarlo. Di fatto intorno al 600-700 d.C., mentre in Europa si venivano assestando i Regni romano-barbarici, la frantumazione della lingua latina si era ormai consumata e in quelle che erano state le regioni dellimpero romano si parlavano e presto si sarebbero anche scritte tante lingue diverse, raggruppabili in dieci rami principali: Latino Parlato Portoghese Spagnolo Catalano Francese Franco-provenzale Provenzale Italiano Sardo Ladino Rumeno
Come appare dalla seguente tabella, alcune parole di norma relative agli aspetti pi� comuni della vita quotidiana, presentano sorprendenti analogie in lingue anche molto lontane fra loro per area di diffusione. Questo fenomeno pu� essere spiegato considerando loriginaria latinizzazione che interess� gran parte dei territori europei:
Tuttavia, come appare dalla tabella che segue, tra le lingue europee, alcune, come il francese e lo spagnolo, possiedono un gran numero di parole di cui � facile intuire il significato in quanto sono, assieme allitaliano, lingue neolatine, cio� derivanti dal latino parlato; altre, come linglese e il tedesco, presentano vocaboli la cui forma risulta essere molto diversa rispetto a quella italiana e ci� pu� essere spiegato facendo riferimento alla scomparsa del latino dai territori dellEuropa centrale e dellInghilterra durante il periodo di crisi dellImpero romano e al progressivo sviluppo, autonomo di queste popolazioni, sotto linfluenza dei nuovi dominatori:
La penisola italiana e le sue isole non furono risparmiate dagli eventi che sconvolsero lEuropa e, anzi, tra il IV e il VII secolo d.C. furono ridotte a territorio di conquista per i vari popoli. Poi nel IX secolo, finiti i grandi movimenti migratori che avevano seminato distruzione e morte nellintero paese e avevano portato alla sua disgregazione politica, lItalia si trov� smembrata in tanti organismi politici assoggettati ad autorit� diverse: i Longobardi, i Greci-Bizantini, i Franchi e gli Arabi, per citare solo i pi� importanti. La struttura sociale, poi, era ancora pi� frammentaria e variegata di quella politica. La scarsa popolazione che era sopravvissuta alle guerre, ai saccheggi e alle carestie si era infatti raccolta in piccole comunit�, per lo pi� aggregate intorno a centri religiosi. Autonome luna dallaltra, queste comunit� conducevano una vita materiale piuttosto grama, condizionata dalla povert�, dalla mancanza di mezzi di sostentamento , dalle malattie e dal pericolo, sempre incombente di violenze e di assalti. In questa situazione, la cultura sopravvisse soltanto in rari centri monastici e ad opera di singoli chierici (monaci amanuensi). La quasi totalit� della popolazione, ben lungi dallavere interessi culturali di tipo letterario, era, come era stata in gran parte anche nei secoli precedenti, analfabeta. La frantumazione politica e sociale e, poi, il tracollo del modello culturale offerto per secoli dalla scuola, portarono al collasso della lingua latina. Cos�, mentre il latino classico imboccava decisamente la strada dellalta cultura, diventando definitivamente una lingua soltanto scritta, poco sensibile ai mutamenti, anche in Italia le varie parlate locali presero ad evolversi autonomamente sotto la duplice spinta del riemergere delle lingue di substrato e dellapporto delle nuove lingue dei popoli invasori. Poi, la separazione, creatasi tra regione e regione e spesso tra paese e paese, fece il resto: il latino parlato si divise in tante lingue diverse, i cosiddetti volgari italiani. In alcune aree tuttavia questo non avvenne: in particolare presso gli Etruschi, la cui lingua era radicalmente diversa dal latino, questo fu appreso e parlato senza contaminazioni, e fu usato pi� a lungo. Il fatto che nellarea geografica degli Etruschi, allincirca lattuale Toscana, la lingua latina si conservasse meglio, avrebbe avuto unimportanza fondamentale per le "fortune storiche" del fiorentino. Infatti, questo "volgare", pi� prossimo al latino degli altri, avrebbe costituito nel Basso Medioevo il riferimento linguistico "comune" anche per gli abitanti delle altre regioni. ITALIANIZZAZIONE La terza fase � quella nella quale stiamo ancora vivendo, cio� litalianizzazione degli italiani. Tra il XII e il XIV secolo molti letterati cominciarono a non scrivere in latino, secondo la tradizione letteraria in quanto era una lingua conosciuta da pochissimi dotti. Si cominci� a scrivere nella lingua realmente parlata cio� il volgare: San Francesco dAssisi e Jacopone da Todi in Umbria, Pier delle Vigne e Iacopo da Lentini in Sicilia, Guittone dArezzo e poi i letterati dello "stil novo" in Toscana si rivolgevano ad un pubblico pi� vasto. Infatti, lo sviluppo della civilt� comunale, e, soprattutto, lemergere dei ceti mercantili aveva favorito questo passaggio dal latino al volgare. Nei secoli in esame, ci fu una costante ricerca di una lingua letteraria che fosse comprensibile anche a chi non conosceva il latino. Per la particolare fioritura economica e culturale della Sicilia e di Firenze, il volgare siciliano e il volgare fiorentino emersero tra le altre lingue locali e, usate anche tra poeti e scrittori, divennero ben presto lingue letterarie vere e proprie. Con la ripresa dei traffici e dei commerci e con la rinascita delle citt�, la frantumazione sociale e politica lasci� il posto ad organismi pi� ampi, fondati su basi comunali prima e poi, a partire dallet� delle Signorie, su basi regionali e, pi� tardi anche interregionali, ma la frantumazione linguistica dellItalia in tanti dialetti locali, cittadini e addirittura paesani, continu� a rimanere una realt�. La mancanza di una autorit� politica centrale, e comune a tutta la penisola e quindi la mancanza dellunit� politica, impediva, e imped� per secoli, lunificazione linguistica dellItalia. Cos�, mentre in Francia e in Spagna tra il XIV e il XV secolo lunit� politica attuata dalle monarchie nazionali imponeva anche lunit� linguistica promovendo rispettivamente il francese e il castigliano a lingue nazionali, in Italia ogni staterello e, allinterno dei vari staterelli ogni citt� e ogni paese continuava a parlare il proprio dialetto. Nel XVI secolo gli intellettuali italiani sentirono lesigenza di avere una lingua comune e scelsero tra le tante possibili il fiorentino, che aveva il vantaggio di essere rimasto pi� vicino al volgare latino di qualsiasi altro dialetto e, soprattutto, era stato nobilitato, agli occhi di scrittori poeti, dallattivit� letteraria di autori famosi come Dante, Petrarca e Boccaccio, che lo avevano usato nelle loro opere. Ma, nonostante lentusiasmo e limpegno di poeti e scrittori, il fiorentino era, e rimase a lungo, la lingua della cultura: una lingua scritta dagli intellettuali di tutta Italia, ma parlata solo a Firenze; premessa di una futura unificazione linguistica, ma per lunghi secoli espressione di una unit� soltanto culturale. Le dominazioni che tra il XVI e il XIX secolo occuparono la penisola non favorirono certo la diffusione di una lingua unitaria e, anzi, con lapporto di particolarit� lessicali e morfologiche diverse, in taluni casi accentuarono le differenze gi� esistenti tra dialetto e dialetto. La conquista nel corso dell800, attraverso le lotte e le guerre del risorgimento, dellunit� nazionale, cre� le premesse per lavvio del processo unitario anche a livello linguistico. Il problema era stato appassionatamente dibattuto dagli intellettuali romantici, che sentivano la necessit� di una lingua italiana unitaria comprensibile per tutti. La questione della lingua, che aveva tenuti occupati prosatori e poeti per secoli cess� di essere un problema esclusivamente teorico volto a individuare la lingua in cui dovevano essere scritte le opere letterarie, e divenne un problema pratico dalla cui soluzione poteva dipendere anche il successo dei progetti unitari a livello politico. La direzione in cui muoversi, fu ovviamente individuata nel fiorentino. Il fiorentino parlato dalle persone colte fu del resto indicato da Alessandro Manzoni, che lo us� nella stesura definitiva dei suoi Promessi Sposi, come la lingua della futura nazione. La soluzione manzoniana, che pure suscit� non poche polemiche fu sostanzialmente accettata da tutti, e nonostante i suoi evidenti limiti intellettualistici, giacch� sembrava disconoscere il contributo che sempre a una lingua viva viene da scrittori e parlanti di tutta la regione, fin� con limporsi. Dopo lunificazione avvenuta ufficialmente nel 1861, la nostra lingua pu� essere definita come il, complesso delle parole e dei modi di dire viventi nel dialetto fiorentino, purificato dalle pi� scadenti caratteristiche locali (idiotismi). Tuttavia avrebbe dovuto passare ancora molto tempo prima che la lingua italiana si diffondesse in tutto il paese e diventasse patrimonio di tutti gli strati sociali (si pensi che ancora nel 1901 gli analfabeti erano quasi il 50% della popolazione). Per molto tempo, infatti la nostra lingua � stata una lingua letteraria e usata da poche persone colte in quanto lo studio era un privilegio riservato a pochi. Nel 1861, secondo le statistiche ufficiali gli analfabeti erano circa il 75% della popolazione del Regno dItalia. Con lunit� questa lingua cos� illustre era adatta alla scienza e in modo ancor pi� radicale alla vita di una nazione. Gli scienziati italiani nel 700-800 spesso scrivevano in francese, litaliano poteva essere mezzo di comunicazione poetica, capace di esprimere i rapporti sentimentali ma non di diventare la lingua di una nazione, si trattava di farne una lingua che servisse allamministrazione al giornalino, alla diplomazia, agli eventi di ogni giorno. Questo � stato compiuto in Italia sotto i nostri occhi e tuttora si sta compiendo. Litalianizzazione � avvenuta per gradi e sotto spinte diverse sul piano sociale soprattutto nelle grandi citt�. Alla base della progressiva diffusione dellitaliano come lingua nazionale stanno infatti alcuni fenomeni di portata sociale:
LITALIANO OGGI: La lingua italiana � oggi ben diffusa su tutto il territorio nazionale e le mutate condizioni di vita hanno reso meno possibile e anche meno opportuno luso dei dialetti, ma essi non sono scomparsi. Per quanto relegati a un uso quasi esclusivamente locale e familiare continuano a esistere: costituiscono un elemento di differenziazione non solo linguistica, tra parlanti di citt� anche non lontane e costituiscono un formidabile bacino di risorse espressive cui la lingua italiana. Il possesso della lingua nazionale non � oggi in antitesi con luso, necessariamente limitato del dialetto che � indubbiamente una fonte inesauribile per il dinamismo dello stesso sistema linguistico nazionale. I dialetti, dunque, sono una realt� linguistica che va studiata per quello che �, senza farne oggetto di assurdo disprezzo, ma anche senza inutili e gratuite celebrazioni: vanno studiati come testimonianza compiuta e fedele delle genuine radici storiche e culturali delle varie aree linguistiche italiane e, anche come espressione delle particolari competenze linguistiche di ogni singolo parlante. IL LESSICO DELLA LINGUA ITALIANA Il lessico di una lingua, cio� linsieme delle parole che la compongono, � una realt� mobile e varia allinterno della quale avvengono continui cambiamenti: parole nuove che nascono, parole che muoiono, parole che scompaiono per poi ricomparire con nuovi significati, parole che entrano a far parte della lingua da altre lingue, parole che vengono coniate sulla base di elementi preesistenti e cos� via. Il fondo ereditario latino La maggior parte delle parole dellitaliano derivano dal latino. Litaliano, infatti, continua il latino non solo dal punto di vista delle strutture morfologiche e sintattiche, ma anche da quello lessicale. La storia del passaggio dal latino allitaliano illustra chiaramente quali parole siano passate e come questo passaggio sia avvenuto, cio� con quali cambiamenti nella forma e nel significato. In questa sede, basti pensare che le parole latine sono passate in italiano in due modi: per tradizione ininterrotta e popolare, cio� attraverso la lenta evoluzione della lingua parlata e, quindi, attraverso luso costante del popolo, o per tradizione interrotta e dotta, cio� attraverso il recupero di parole latine da parte di dotti che, a distanza di secoli, le hanno immesse nella lingua italiana. Nel primo caso, le parole, trasmesse di generazione in generazione, si sono variamente modificate nella forma e, spesso, nel significato: Oculum occhio Domina( padrona) donna Domina( padrona) donna Nel secondo caso, invece, le parole ripescate dal latino, sono rimaste per lo pi� intatte sia dal punto di vista della forma che del significato: Equester equestre Equester equestre Causa causa Causa causa Floram flora Floram flora Nobilem nobile Nobilem nobile Gaudium gaudio Gaudium gaudio In molti casi la stessa parola latina ha avuto entrambe le tradizioni. Cos� da area derivano aia (tradizione popolare) e area (tradizione dotta); da macula derivano macchia (tradizione popolare) e macula (tradizione dotta); da stirpe derivano sterpo (tradizione popolare) e stirpe (tradizione dotta); da solidum derivano soldo (tradizione popolare) e solido (tradizione dotta). Per lo pi� la parola di tradizione ininterrotta � di uso pi� frequente o appartiene alla lingua delluso e, invece, la parola di tradizione interrotta appartiene a un registro elevato della lingua o a uno dei tanti linguaggi settoriali o speciali: cos� macchia � parola della lingua delluso e macula � parola del linguaggio medico. Altre volte, invece, � la parola di tradizione dotta ad appartenere alla lingua delluso mentre quella di tradizione popolare, oltre ad avere un significato diverso, � di uso pi� raro: cos�, dal latino plebem derivano sia pieve (tradizione popolare) che indica la "parrocchia di campagna" dove si raccoglie il popolo, sia plebe (tradizione dotta) che indica la "gente del popolo" in contrapposizione ai patrizi. I fenomeni pi� rilevanti dei mutamenti che hanno investito il lessico nel passaggio dal latino allitaliano sono di due tipi:
mutamenti del patrimonio lessicale:
I prestiti da altre lingue Le parole provenienti dal latino costituiscono il fondo ereditario del lessico italiano. Esse sono il patrimonio fondamentale e imprescindibile della nostra lingua ma ovviamente non la esauriscono. Di fatto, attraverso il tempo si sono aggiunte migliaia e migliaia di parole nuove provenienti da altre lingue: queste parole nuove, estranee al fondo originario dellitaliano, si chiamano prestiti linguistici. In questa categoria rientrano anche le parole ripescate dal latino scritto, per tradizione dotta, quando ormai litaliano esisteva gi� come lingua. Di solito, per�, per prestiti si intendono le parole entrate nellitaliano dalle lingue di altri popoli con cui gli italiani sono venuti in contatto, direttamente o indirettamente nei secoli attraverso le tante vicende storiche, economiche, sociali, politiche e culturali che caratterizzano la vita degli uomini. Si distinguono prestiti integrati, cio� le parole che, entrate in epoche passate, sono state adattate foneticamente e morfologicamente alla nostra lingua, e i prestiti non integrati, cio� quelle parole straniere che entrate soprattutto negli ultimi 50-60 anni, hanno conservato la loro forma originaria.
Le parole di origine germanica I popoli germanici che hanno invaso ed occupato in ondate successive la penisola, hanno portato in Italia molte parole che, attraverso luso popolare, sono entrate a far parte della lingua italiana. I primi germanismi risalgono al III-IV secolo d.C., ma � tra il V e il IX secolo che essi aumentano notevolmente di numero, ad opera in particolare dei Longobardi, la popolazione che per due secoli riusc� ad imporre a gran parte della penisola la sua organizzazione politica. Le parole di origine germanica introdotte in quei secoli da Goti, Longobardi e Franchi, sono di vario tipo, in gran parte relative a:
anca guancia milza schiena stinco zanna
bianco bruno grigio
albergo stamberga scaffale stalla gruccia panca fiasco grano abbandonare guadagnare russare arraffare graffiare guardare scherzare spaccare strappare albergo stamberga scaffale stalla gruccia panca fiasco grano abbandonare guadagnare russare arraffare graffiare guardare scherzare spaccare strappare Alcune di queste parole hanno sostituito parole latine di uguale significato (guerra ha sostituito bellum che � stato poi recuperato come prestito dotto nei derivati bellico, bellicoso e simili); altre invece si sono affermate come parole nuove, per indicare concetti e oggetti nuovi. Numerosi sono anche i nomi propri di persona di origine germanica:
Le parole di origine greco bizantina La lingua greca, che aveva gi� improntato di se il latino volgare, e di conseguenza litaliano, tra il II e il IV secolo d.C., con parole relativa alla religione cristiana e ai suoi riti (battesimo, basilica, profeta, vangelo, diacono, vescovo, etc ), ha continuato ad arricchire il lessico italiano tra il VI e il IX secolo attraverso i contatti che il mondo occidentale aveva con lImpero dOriente il quale, proprio nel VI secolo, era riuscito a strappare ai Longobardi il controllo delle coste dellItalia centro meridionale e delle isole. Tra le parole entrate in quellepoca dal greco bizantino, anche se molte di esse si confondono con i numerosissimi grecismi gi� assimilati dal latino, ci sono termini riguardanti
Le parole di origine araba Linfluenza linguistica e culturale degli Arabi nellambito mediterraneo ed europeo � stata molto intensa tra il VII e il XII secolo. In Italia, essa si � esercitata sia durante loccupazione araba della Sicilia tra il IX e XI secolo sia, e soprattutto, attraverso i contatti che le repubbliche marinare e gli intellettuali italiani hanno avuto, a titolo diverso, con il mondo arabo. Cos�, gli arabi hanno lasciato nel nostro lessico parole relative a:
Arabismi sono anche molte parole riguardanti le scienze esatte, giacch� gli Arabi coltivarono varie scienze e divulgarono in Europa molte scoperte e invenzioni del mondo orientale:
algebra cifra zero
Di origine araba, infine, sono anche parole diffuse come:
Altre parole arabe, persiane e turche, anchesse molto usate, sono prestiti di epoche successive:
Le parole di origine provenzale e francese A partire dallVIII secolo, con lavvento al potere di Carlo Magno, la Francia acquista notevole importanza in Europa anche per il crescente prestigio della sua cultura. Proprio per il tramite della letteratura, oltre che attraverso i molteplici contatti militari, la lingua francese (sia il francese antico parlato in gran parte di quelle che erano state le Gallie romane sia il provenzale, la lingua del sud della Francia e della nascente lirica damore europea) influenzarono molto il nostro lessico. I gallicismi, cio� i prestiti dal francese antico e dal provenzale, in epoca medioevale riguardano:
Le parole di origine spagnola I primi influssi delle lingue iberiche catalano, spagnolo, portoghese sul lessico italiano risalgono ai secoli XIII-XIV, quando gli Aragonesi regnavano sulla Sicilia e su Napoli. Ma la maggior parte delle parole di origine iberica accolte, sono spagnole e sono entrate nella nostra lingua tra la seconda met� del 500 e il 600, quando la dominazione spagnola, che si estendeva su buona parte della Lombardia, sul Regno di Napoli e sulle isole, ha permeato di se tanti aspetti del costume e della cultura italiana. Alcune di quelle parole riguardano:
Tramite lo spagnolo infine, sono entrati in Europa e in Italia, parole provenienti dalle popolazioni delle colonie americane:
Le parole di origine francese A partire dalla seconda met� del 700 la Francia comincia a esercitare un ruolo di primo piano nelle cultura europea: � il "secolo dei lumi", la Francia esporta le sue dottrine e lintera Europa, compresa la Russia, usa come lingua della cultura il francese. In Italia, dove con la fine del dominio spagnolo, i contatti con la Francia si sono fatti molto intensi anche sul piano economico e politico, lafflusso di parole francesi � tale che, fino a tutto l800 e oltre, i "puristi", cio� i difensori della purezza della lingua, temono per lesistenza stessa dellitaliano. Naturalmente la paventata francesizzazione della penisola non avvenne ma litaliano progressivamente ha fatto sue moltissime parole francesi relative a:
Spesso i prestiti dal francese sono latinismi, che hanno assunto in francese un significato particolare come libertino, immunit�, legiferare ecc. In alcuni casi, poi, il prestito non avviene adattato alla fonetica e alla morfologia italiana, come per lo pi� � sempre successo finora, ma conserva la sua struttura fonetica e morfologica originaria (prestito non integrato dessert, champagne, canap�) o subisce adattamenti minimi ( cup�, rond�, bign�, blu, bid�). Le parole di origine inglese Linfluenza culturale e, quindi, linguistica della Francia � continuata fino allinizio del 900 e ancora oggi � attiva, in campi tipicamente francesi, come quello della moda o quello relativo alla cura del corpo. Ma nel 900, e in misura sempre crescente a partire dallindomani della fine della Seconda guerra mondiale, il ruolo di modello culturale e, non solo, � passato al mondo anglosassone, prima allInghilterra e poi soprattutto agli Stati Uniti. Cos�, sulla scia del crescente prestigio scientifico, tecnologico e culturale e in conseguenza dei particolari schieramenti politico ideologico militari in cui il mondo � diviso, lItalia � stata invasa non solo da prodotti, mode, forme di spettacolo e di comportamento americani ma anche dalle parole con cui tutte queste cose sono indicate. I prestiti inglesi in italiano esistevano anche nel 700 e nell800, anche se per lo pi� mediati dal francese, ma con il 900 essi sono aumentati a dismisura, al punto che attualmente linglese o, meglio, langloamericano, costituisce la lingua che influenza maggiormente litaliano. Di fatto parole inglesi e angloamericane sono presenti in tutti i campi e sono usate quotidianamente. Alcune, specialmente quelle entrate tra il 700 e l800, sono state adattate fonologicamente e morfologicamente allitaliano (prestiti integrati: radicale, sessione, inflazione, relazione, emergenza, intervista, ecc.) o semplicemente tradotte (calchi: grattacielo, dallinglese sky-scraper). La maggior parte di esse, invece, hanno conservato la forma originaria (prestiti non integrati). Tra queste parole, alcune sono senzaltro pronunciate allitaliana e quindi sono parole italiane a tutti gli effetti, come Bar, sport ,golf, tram ecc. Altre invece, quanto alla pronuncia, oscillano tra la corretta pronuncia straniera, una pronuncia popolare adatta e, talora un calco italiano: � il caso della parola camping, che viene pronunciata tanto kempin(g) allinglese quanto camping allitaliana oppure viene tradotta un po approssimativamente, in campeggio. A dimostrazione dellimportanza dellinflusso che linglese e langloamericano hanno sullitaliano, il successivo elenco, puramente esemplificativo, propone prestiti non integrati presenti nella nostra lingua con parole entrate dallinizio dell800 ai giorni nostri: aids, baby, baby-sitter, bar, basket, beauty-case, beauty-farm, best-seller, black-out, bluff, body-building, boom, boss, boy-scout, budget, camping, check-up, club, cocktail, computer, corner, dancing, derby, dribbling, festival, flash, flashback, flirt, football, goal, go-kart, golf, hardware, handicap, hippy, hobby, hockey, hostess, jazz, jeans, jeep, jet, juke-box, identikit, kit, killer, knock-out, leader, leasing, lifting, manager, match, motel, okay,partner, plaid, playboy, punk, quiz, raid, rally, record, replay, reporter, rock, sandwich, set, sexy, shock, show, sketch, slogan, smog, snob, sponsor, sport, spray, sprint, stand, stop, suspence, teen-ager, test, terminal, timer, toast, trendy, trust, walkie-talkie, week-end, western, windsurf, yacht, zoom. Parole provenienti da altre lingue Oltre a quelle citate, la cui influenza � stata particolarmente massiccia e significativa, anche altre lingue negli ultimi secoli hanno lasciato tracce nel lessico italiano sotto forma di prestiti, come risulta dal seguente elenco:
Ma quali sono oggi i problemi della lingua italiana e quale sar� il suo futuro? Oggi, linvasione di stranierismi inglesi o meglio angloamericani � il primo problema della nostra lingua. La presenza del francese prima e poi dellangloamericano ha sostanzialmente intaccato la struttura della lingua italiana. Quando una lingua accetta e d� e vive nello scambio reale delle lingue � una grande lingua internazionale. Ci� non vuol dire che non ci siano dei pericoli: il pericolo � la "creolizzazione" della lingua. La lingua creola � una lingua colonizzata che ha perso il senso di se e in cui la presenza della lingua dei colonizzatori ha fatto si che non sia pi� n� se stessa n� altro. Il problema sta dunque nellessere fedeli a se stessi, ma non nel contemplare se stessi perch� questa sarebbe una forma di razzismo. Diceva Melchiorre Cesarotti nel 700 che nel momento in cui ci alimentiamo delle idee di un certo paese non possiamo respingerne le parole. Ma ci si domanda se una grande lingua di cultura possa rimanere tale, cio� lingua viva di cultura, fidando solo nel suo passato e nei suoi musei. Le grandi lingue morte di cultura come il latino e il greco continueranno certamente ad essere studiate e coltivate da coloro che dedicheranno se stessi a quelli studi; esse continueranno ad essere elemento della nostra vita culturale ma � proprio meditando la storia, ad esempio della lingua latina che ci si accorge come il posto occupato da esse nella cultura si sia andato riducendo man mano che la sua presenza attiva e giornaliera si � andata restringendo. La situazione per la nostra lingua � ben grave proprio perch� la lingua i un popolo che sia soltanto il custode del suo passato rischia di diventare la non attraente lingua di custodi di musei. Oggi sotto i nostri occhi la lingua di un grande passato come litaliano si apre a lingua popolare. � vero che nellepoca dellinformatica abbiamo permesso luso di tante parole straniere soprattutto angloamericane ed � vero che conoscere la cultura e la lingua prevalente � fatto necessario, e che prenderne il pi� largamente possibile � cosa assai utile; ma accettarle fino al punto di acculturarsene totalmente � cosa alienante e paralizzante: nel 600 avremmo dovuto parlare tutti spagnolo, fra il 700 e l800 avremmo tutti dovuto parlare il francese e oggi dovremmo tutti parlare inglese, anzi americano. I tentativi di una lingua artificiale internazionale sono gi� tutti falliti compreso lesperanto che inventato nel penultimo decennio dell800, ebbe fra il 1920 e il 1930 una notevole diffusione (quasi 200 mila cultori nel mondo). Ma pensare ad una lingua artificiale significa considerare una lingua senza tradizioni. Le lingue non solo elemento di commercio, di scambio, ma esprimono lessenza di noi, la nostra realt� pi� viva. Allunificazione linguistica non bisogna sacrificare la persona: il voler essere tutti uguali � razzismo peggiore che possa esistere. Perci� in previsione di quello che potr� essere il futuro dellitaliano vale sempre quanto fu detto dallo scrittore Gino Capponi, pi� di un secolo fa a conclusione di un celebre saggio: < la lingua italiana sar� ci� che sapranno essere gli Italiani >.
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